Descrizione
Due parole in più su Erta di Daniele Favaro
Erta è il primo vino rosso in anfora di Daniele Favaro. Potremmo dire che è il fratello “scuro” del 20.20, il bianco in anfora di Daniele. Con questa barbera Daniele Favaro ha ridato prova del suo innato talento. La sua attività di vignaiolo inizia effettivamente solo nel 2020 ma regala fin da subito vini assai promettenti. Erta non fa eccezione. Una barbera in purezza rustica ma delicata, dalla scorrevolezza e beva incredibili grazie a una bilanciatura tra spigolature e rotondità che la rende viva e fresca ad ogni sorso ma anche morbida e rassicurante. Il nome in etichetta richiama la salita. Tanto è erta la strada che si snoda nel ripido territorio della vigna da cui nasce in vino, tanto è e sarà faticoso il percorso di Daniele Favaro.
In quell’angolo di langa astigiana, tra i 4 ettari di vigneti di Moscato, Dolcetto e Bracchetto, nasce e cresce l’uva Barbera di Daniele Favaro. Un’uva, dotata di una forte espressività che trova la sua valorizzazione in cantina. I boschi sono ovunque e abbracciano dolcemente, senza oppressione, la vigna di questo “giovane” vignaiolo che ha fin da subito puntato tutto su una filosofia per così dire naturale. Favaro non ha mai contemplato altro che una coltivazione improntata al non interventismo, decidendo fin dalla prima ora di operare nel modo più naturale possibile. Dunque, niente diserbanti e sostanze chimiche in vigna, ma anche in cantina non sono ammessi trucchi ad eccezione di una modestissima quantità di solforosa all’imbottigliamento.
Daniele Favaro è passato dal campo dell’infortunistica a quello del vino per un crescente amore che lo la folgorato e non lo ha più lasciato. Deciso a cambiar vita è partito alla ricerca di un terreno dove poter intraprendere la strada del vino. A Sessame, in provincia di Asti (Piemonte) ha trovato quello cercava. Dopo essersi fatto le ossa a fianco ad alcuni amici vignaioli ha provato a produrre il suo vino secondo la sua filosofia. “Ho pensato che non avrebbe avuto senso cercare di imitare altri produttori – ha raccontato a Enoteca Liquida – ma che avrei dovuto cercare il mio modo di fare il vino, per fare qualcosa di unico e personale, anche a rischio di produrre un vino che non piacesse a tutti e che fosse fuori dagli schemi”.