Non solo uva: i trattamenti e gli additivi nel vino “non naturale”

La vinificazione è un processo che, nel corso del tempo, si è arricchito di tecniche e prodotti volti a migliorare la qualità e la stabilità del vino. Tuttavia, questa evoluzione ha portato all’introduzione non solo di numerosi additivi nel vino ma anche di  trattamenti chimici (non solo solfiti) che, pur essendo legali e regolamentati, sollevano dubbi in termini di autenticità, sostenibilità e salute. Laddove il vino naturale si propone come un prodotto autentico, espressione del territorio e delle uve, i vini convenzionali spesso ricorrono a una vasta gamma di interventi in cantina.

Non solo uva: trattamenti e additivi nel vino

Gli additivi nel vino convenzionale

Tra gli additivi ammessi nella vinificazione convenzionale troviamo antiossidanti come l’anidride solforosa (SO2), utilizzata per preservare il vino da ossidazioni e contaminazioni microbiologiche, e l’acido L-ascorbico, che previene l’imbrunimento dei mosti. Sebbene indispensabili per garantire la conservazione dei vini su larga scala, l’abuso di solfiti può avere effetti negativi sulla salute, come mal di testa e reazioni allergiche.

I chiarificanti, come la gelatina, l’ovoalbumina, la caseina o la colla di pesce, vengono utilizzati per eliminare particelle indesiderate e rendere il vino limpido. Tuttavia, questi prodotti spesso non sono compatibili con una visione etica e sostenibile, in quanto di origine animale e difficilmente tracciabili in termini di qualità e provenienza.

La stabilizzazione tartarica è un altro intervento comune, per il quale si utilizzano composti chimici come l’acido metatartarico o il tartrato neutro di potassio. Sebbene efficaci, questi trattamenti si allontanano dall’idea di un vino che rispecchi fedelmente il suo terroir e la sua annata.

I trattamenti e gli additivi nel vino biologico

La produzione biologica cerca di limitare l’uso di additivi nel vino e trattamenti chimici, promuovendo l’utilizzo di sostanze naturali o meno invasive. Ad esempio, la bentonite, un’argilla naturale, è preferita come chiarificante in sostituzione dei prodotti di origine animale. Anche l’uso di tannini naturali estratti da uva o legno di quercia è ammesso, purché ottenuti da materie prime biologiche.

L’allegato al Regolamento (UE) 2019/2164 specifica che i vini biologici devono limitare il contenuto di anidride solforosa a livelli inferiori rispetto ai vini convenzionali. Questo approccio garantisce un minore impatto sulla salute del consumatore, senza compromettere la stabilità del vino. Inoltre, gli enzimi e i lieviti utilizzati nella fermentazione devono essere selezionati con criteri stringenti e, ove possibile, derivati da fonti biologiche​

Il vino naturale: un’alternativa autentica

I vini naturali rappresentano una risposta decisa all’intervento chimico-industriale nella vinificazione. Questi vini sono prodotti con pochissimi solfiti e il minimo intervento possibile: nessun chiarificante, stabilizzante o additivo chimico viene utilizzato, e la fermentazione avviene spontaneamente grazie ai lieviti indigeni presenti sulle uve. Questo approccio non solo preserva l’integrità del vino, ma lo rende un’espressione pura del territorio, dell’annata e del lavoro del vignaiolo.

La rinuncia agli additivi nel vino si traduce in un vino che può risultare meno prevedibile, ma più autentico e vivo. I vini naturali, spesso non filtrati né stabilizzati, possono presentare opalescenze o sedimenti, ma questo è parte del loro fascino, un segno di autenticità che i consumatori stanno sempre più apprezzando.

Un invito alla consapevolezza

Scegliere vini naturali significa sostenere una viticoltura etica e rispettosa dell’ambiente, che rinuncia a scorciatoie chimiche per offrire un prodotto genuino. È importante che il consumatore comprenda la differenza tra un vino “costruito” e uno che nasce spontaneamente, dal rispetto per le uve e per la natura. Optare per vini naturali non è solo una questione di gusto, ma un atto di responsabilità verso il pianeta e la nostra salute