Pipibum e Fiesta erano destinati a diventare due vini per così dire semplici, ma Paolo Macconi non era soddisfatto: ha deciso che mancava loro qualcosa per essere davvero completi. Il loro carattere non era tranquillo e riflessivo, bensì allegro ed esuberante, potremmo dire anche gioioso. Insomma a questo pinot bianco e a questo pinot nero (per entrambi annata 2018) mancava quella vitalità che solo le bolle possono dare a un vino per così dire spento. Un’aggiunta di mosto congelato di chardonnay prima dell’imbottigliamento e presto è avvenuta la trasformazione, o meglio, la rifermentazione. Nascono così i primi due vini rifermentati Ca’ del Conte. Una piccola sfida che senza timore di smentita possiamo dire essere stata vinta alla grande. Entrambi sono di facile beva e grande scorrevolezza e si prestano a essere bevuti nelle occasioni più diverse.
Le etichette di questi due vini ne descrivono lo spirito a colpo d’occhio. I nomi, alla prima lettura, rievocano le loro simpatiche caratteristiche, a partire da quell’allegria che sono capaci di portare a tavola, sia durante un pranzo o un aperitivo, sia in occasione di una cena tra amici.
Perché i nomi Pipibum e Fiesta
Una curiosità: il pinot bianco in origine si doveva chiamare Pibibum, acronimo di “PIno BIanco BUM”, dove la desinenza onomatopeica comunica nell’immediatezza la presenza di una spiccata frizzantezza naturale. Un errore nella produzione delle etichette ha portato, però, a sostituire la “b” con una “p”, diventando Pipibum.
Per quanto riguarda il Fiesta, il nome è tutto un programma: un pinot nero allegro, fresco e frizzante, perfetto da bere subito in un’occasione conviviale, di svago, ma, come abbiamo detto, anche durante i pasti.
Si tratta di produzioni abbastanza ridotte. Di Pipibum sono state prodotte circa 2.200 bottiglie mentre del Fiesta solo 2.400.