Era il 2001 quando Luca Gargano (noto distributore di pregiati distillati e vini) pubblicò il manifesto delle Triple A: Agricoltori, Artigiani, Artisti. Possiamo dire che quel manifesto rappresenta la prima pietra posata per la costruzione di una cultura del vino naturale in Italia. Non fraintendiamoci, il vino naturale è sempre esistito ma negli ultimi decenni era stato ormai rilegato in un angolo, appannaggio di pochi sinceri contadini che con certi meccanismi di produzione massiva non avevano nulla a che fare.
Vini unici
Un conto, del resto, è produrre il vino per destinarlo all’autoconsumo e per rifornire l’oste del paese, qualche vicino di casa e qualche amico. Altra cosa è dover produrre, per legittime (ma spietate) logiche di guadagno centinaia di migliaia di bottiglie di vino ogni anno, con la necessità che siano più o meno sempre uguali, nell’odore, nel colore e nel gusto. Sta in questi due modi di produrre vino la differenza tra artigianalità e standardizzazione. Chi vuole un vino unico, sceglierà il primo, mentre chi vuole un vino anonimo e sempre uguale, sceglierà il secondo. Ma è bene sapere che tra i due mondi c’è anche un’altra importante differenza che sta nella qualità.
La spietata produzione “industriale”
Nell’incipit dell’articolo pubblicato da Luca Gargano in occasione dei dieci anni del manifesto delle Triple A si legge tutto ciò che NON è un vino naturale: “Le Triple A sono nate dal sogno che un giorno l’onestà sarebbe diventata di moda. Le lobbies delle multinazionali della chimica, utilizzando le università, il potere politico e i mass media, erano riuscite a distruggere il vino trasformandolo in una bevanda standardizzata, senza anima e di difficile consumo”. E ancora, scrive Gargano: “Le nuove leggi europee permetteranno a un vino biologico di essere prodotto con i lieviti ogm! Tra pochissimi anni tutti i vini saranno biologici. Questo è il progetto, frutto di un mondo malato che non sa vedere nulla oltre il suo portafoglio”.
“Le Triple “A” – concludeva poi Gargano nel suo articolo del 2011 – sono dall’inizio già avanti. Il nostro protocollo ci ha permesso dal punto di vista oggettivo di separare il vino dalle bevande che per legge possono comunque fregiarsi di questo nome, e con l’esperienza e la degustazione di selezionare tra i Vini quelli che rappresentano meglio il terroir da cui provengono. I vini Triple “A” sono dissetanti, producono convivialità, sono l’espressione suprema del savoir faire umano e simbolo tangibile delle forze d’amore che, partendo da un gesto agricolo positivo, arrivano a chiudere in una bottiglia il soffio del vento, la luce del sole, il respiro della terra, le migliaia, milioni di sentimenti e gesti che sono avvenuti in quel vigneto… E che, versata nel bicchiere, fa schioccare la lingua e brillare la pupilla”.
Attraverso il brand Velier (guidato, appunto, da Luca Gargano) i vini Triple A si sono diffusi in lungo e in largo, versando il buon vino nel palato di milioni di persone. Allo stesso tempo garantiscono sostenibilità a chi quel buon vino lo produce.
Il protocollo Triple A
Ed ecco ora il protocollo che identifica un vino Triple A. I vini Triple A nascono da:
- una selezione manuale delle future viti, per una vera selezione massale.
- produttori agricoltori, che coltivano i vigneti senza utilizzare sostanze chimiche di sintesi rispettando la vite e i suoi cicli naturali.
- uve raccolte a maturazione fisiologica e perfettamente sane
- da mosti ai quali non venga aggiunta né anidride solforosa né altri additivi. L’anidride solforosa può essere aggiunta solo in minime quantità al momento dell’imbottigliamento
- utilizzando solo lieviti indigeni ed escludendo i lieviti selezionati
- senza interventi chimici o fisici prima e durante la fermentazione alcolica diversi dal semplice controllo delle temperature. (Sono tassativamente esclusi gli interventi di concentrazione attuati con qualsiasi metodo).
- maturando sulle proprie “fecce fini” fino all’imbottigliamento.
- non correggendo nessun parametro chimico.
- non chiarificando e filtrando prima dell’imbottigliamento.
- dalla migliore espressione del terroir al quale appartengono.