Sicuramente sarà capitato anche a voi che qualche amico si sia presentato a casa esclamando: “Ti ho portato un vino Doc”. Facendo così intendere che fosse una bottiglia importante. Ora sappiamo benissimo che la Denominazione di Origine Controllata, da cui l’acronimo Doc, non è di per sé una garanzia assoluta, ma un marchio che garantisce soprattutto la zona di produzione e la tipologia di vitigno. Poi ci sono tutta una serie di questioni più tecniche di cui parliamo più avanti e che sono il nodo della questione.
Il marchio Doc, così come il più ambito Docg, nasce essenzialmente per proteggere le varietà vitivinicole europee dalle imitazioni estere. Per ottenere la certificazione Doc è indispensabile pertanto che le tipologie di vite analizzate rispondano positivamente ai requisiti richiesti e gli stessi siano in conformità con le vigenti normative europee.
Vini “standard” o vini unici?
Grazie a commissioni tecniche di degustazione nominate dal Ministero dell’Agricoltura vengono, infatti, prese in considerazione le caratteristiche organolettiche (colore, sapore, limpidezza e odore) del vino, mentre la qualità delle uve deve essere garantita da processi di dolcificazione, acidificazione e arricchimento del vino da parte dei produttori.
Ed è qui che iniziano i guai per i produttori non omologati, che spesso incontrano mille difficoltà ad ottenere un certificazione rigidissima, che è più facile che alla fine premi un vino soldatino da supermercato che non un vino naturale, ovviamente mai corretto per soddisfare gli standard. Una sfida che ha portato molti vignaioli a rinunciare, non senza dispiacere, alla Doc, dopo che i loro vini erano stati giudicati rivedibili. Una rinuncia sofferta che comporta anche il divieto conseguente di riportare in bottiglia il nome del vitigno.
Lo sfogo di Francesco Mariani
Esemplificativo in questo senso lo sfogo di un bravo produttore come Francesco Mariani, che racconta“E’ successo nuovamente. Trebbiano Spoletino 2021 rivedibile per 5 commissari su 5 per alterazione di colore, evidente ossidazione e carenza di caratteri specifici. E’ finito il tempo della polemica e delle lotte donchisciottesche contro i mulini a vento. Questo sistema non cambia per cui è ora di farsi da parte. Con effetto immediato mi chiamo fuori sia dalla Doc Spoleto che dalla Doc Montefalco. Tutti i nostri vini da ora in poi saranno declassati a Umbria IGT. Rispetto a qualche anno fa non nascondo che abbiamo le spalle più larghe. Tutte le nuove annate in uscita nel 2022 sono prenotate, e anche se perderemo alcuni clienti che hanno bisogno della fascetta, questo non ci spaventa. Primo perché non abbiamo più intenzione di scendere a compromessi di sorta, secondo perché è molto maggiore il senso di liberazione rispetto alle possibili ripercussioni commerciali. Dispiace, perché ho sempre messo il territorio e la qualità prima di ogni altra cosa. E’ una scelta dolorosa ma ormai diventata inderogabile”.
Insomma, non fermatevi alle apparenze ma alla sostanza. Bisogna conoscere, assaggiare e poi giudicare. Senza mai fermarsi all’apparenza dell’etichetta. Per entrare in Paradiso e farsi aprire da Bacco, non basta fare Doc Doc.